
11 cose che abbiamo imparato dai nostri insegnanti (e che non erano nel programma)
È stato Mr. Estep, della scuola superiore che frequentavo negli Stati Uniti, a regalarmi una delle lezioni più importanti in fatto di leadership.
Ogni semestre dovevamo fare una ricerca su di un personaggio celebre ed essere pronti a parlarne quando l’avremmo affrontato nelle ore di Storia. Io scelsi il Presidente Thomas Jefferson.
Quando arrivò il giorno di Jefferson, tuttavia, non ero per nulla preparato. Zero ricerca. Appena iniziai a parlare fu subito chiaro che non avessi la più pallida idea di quello che stessi dicendo e tutta la classe scoppiò a ridere.
Eppure, a un certo punto, Mr. Estep prese la parola e disse: “Beh, in un certo senso, Kyle ha ragione…” e iniziò a trasformare il mio vuoto in qualcosa di preciso e reale. I miei compagni ammutolirono.
Sarebbe stato così facile umiliarmi davanti a tutti. Invece venne in mio soccorso, con naturale gentilezza.
A me è rimasto l’insegnamento di come i veri leader guadagnino la lealtà supportando e proteggendo chi li segue. Mr. Estep si meritò al 100% la mia fiducia e non mi trovò mai più impreparato.
Dalla leadership all’autostima, passando per le carriere che avremmo (o non avremmo) dovuto seguire: ecco le lezioni – rigorosamente “fuori programma” – di alcuni dei nostri maestri.
In occasione della Giornata Mondiale degli Insegnanti promossa dall’Unesco, ho chiesto ai ragazzi di Moskito di raccontarmi l’insegnamento più importante che hanno ricevuto durante la loro formazione.
Ecco cosa mi hanno risposto.
Questione di scarpe
Metterti sempre nei panni del tuo lettore (o nelle scarpe, come dicono – con la proverbiale incisività – gli Anglosassoni). Con umiltà e rispetto, curiosità e tenacia. Dal manuale d’uso di un elettrodomestico all’oggetto di un’email, dalle clausole di un contratto ai post di un social network.
2001, Master in Web Content Management all’Ateneo Multimediale in Milano: sono trascorsi oltre 15 anni da quella prima magnetica lezione di Alessandro Lucchini. E da allora non ho più smesso.
Silvia, Copywriter & Content Manager
“Questa cosa non fa proprio per te!”
Non ho mai avuto grandi problemi a scuola. Mi è sempre piaciuto studiare: faceva parte di un percorso che ho scelto nel dettaglio, dall’inizio alla fine. E poche sono state le volte in cui ho preso la porta in faccia…
Ero in seconda liceo (artistico), o giù di lì. Il professore di Educazione visiva teneva anche i corsi di Comunicazione. Un giorno ci diede da strutturare un poster. Con nozioni minime di Gestalt, provai a “progettare” un layout. Con tutta la buona volontà, ma senza sapere niente di griglia, tipografia, teoria del colore. E poi sono antica, quindi tutto a mano, testi compresi.
Il commento del docente fu: “Questa cosa non fa proprio per te!”.
A distanza di quasi 20 anni, credo che quelle parole siano state tra le più importanti della mia vita. Unite alla mia naturale ostinazione, mi hanno portata dove sono oggi. Mi hanno fatto imparare che i “non puoi” non esistono e che volendo si può fare tutto.
Alice, Digital Graphic Designer
Shit Happens
Al primo anno alla London Metropolitan University, durante la prima lezione di Computer Hardware and Software Architectures, il professore Harry Benetatos ci spiegò che nel nostro campo ogni progetto potrebbe avere problemi, in qualsiasi momento e per molteplici ragioni. Così come succede nella vita. “Don’t worry, shit happens”, ci disse. Ovvero, le cose brutte accadono ma c’è sempre una soluzione.
Un insegnamento forse un po’ strano che però ha totalmente cambiato il mio modo di vedere la vita, rendendomi più sereno.
Renoy, Developer
Ascoltare l’esperienza
Grazie alla mia professoressa di Grafica ho imparato a riconoscere e rispettare “chi ne sa di più”. Mi ha insegnato ad ascoltare i consigli di chi ha più esperienza di me, ma soprattutto che all’interno di un team ci sono delle gerarchie, e che queste vanno rispettate.
Inizialmente facevo una gran fatica ad accettare le correzioni, i consigli e le critiche esterne; pian piano però mi sono accorto che quei consigli e quelle critiche date dalle persone giuste non facevano altro che migliorarmi.
Francesco, Digital Graphic Designer
Un passo dietro l’altro
Ero in seconda media. Non avevo problemi nella maggior parte delle materie: l’unica cosa che mi mancava era un po’ di fiducia in me stessa. Quell’anno i professori scelsero per noi un corso settimanale integrativo.
Non potevo credere di essere finita nel corso di danza: non volevo assolutamente partecipare a un saggio! La mia insegnante di educazione fisica mi trasformò completamente, in pochi mesi. Non sono diventata una ballerina. Lei mi ha semplicemente sostenuta tutto il tempo, ha creduto in me e mi ha dimostrato il suo entusiasmo. Per me rimane uno degli insegnamenti più importanti che abbia mai ricevuto.
Gaia, Copywriter
Lavorare sodo
Quando penso ai miei anni da studentessa, a venirmi in mente per primi sono sempre quegli insegnanti che mi hanno messo alla prova in senso negativo: quelli che mi hanno fatto sentire insicura, o che semplicemente non sono stati dei bravi insegnanti. Credo succeda alla maggior parte della gente. È un peccato, perché ci si dimentica di chi invece ci ha segnato in modo positivo.
Come la mia professoressa di Matematica del liceo, una donna competente e giusta, da cui ho imparato una cosa in realtà molto semplice: i risultati si ottengono impegnandosi e lavorando, senza cercare trucchi o scorciatoie. Per fortuna l’ho capito giusto in tempo per non essere rimandata in Matematica
Francesca, Graphic Digital Designer
Tutto, fino in fondo
Non mi potrò mai dimenticare di quella volta in cui il mio professore di Matematica volle insegnarci l’importanza di non tralasciare nulla. Alla fine del compito in classe, e in un carattere molto piccolo, scrisse: “La risposta a tutte le domande del compito in classe è la lettera A: chi risponde in questo modo avrà un 10”. Ovviamente nessuno lesse tutto ciò che era scritto su quel compito in classe, men che meno quella piccola nota in fondo al foglio. Da quel momento, ho imparato a leggere ogni documento mi passi per le mani, dall’inizio alla fine, senza sorvolare alcun dettaglio.
Roberta, Marketer
L’apparenza inganna
Alle superiori avevo una professoressa di Diritto molto brava nella materia e nell’insegnamento, ma molto severa. Ricordo ancora le sfuriate che ci faceva quando eravamo particolarmente agitati. Il mio quarto anno è stato difficile per problemi personali, ma proprio nel momento di maggiore difficoltà quella professoressa – che mai avrei pensato volesse instaurare un rapporto più profondo con i suoi alunni – mi fece recapitare a casa un libro: “Siddharta”, di Hermann Hesse.
Col passare degli anni ho capito come quel gesto inatteso mi avesse insegnato che sono le persone sincere a svelarsi nel momento del bisogno e che non ci si debba mai fermare all’apparenza.
Francesca, Developer
Il giorno che nevicò in classe
Ci sono persone che amano la scuola. Che amavano andarci, studiare e che amano tuttora ricordarla.
Io non faccio parte di questa categoria, anzi, probabilmente cancellerei tutto il periodo scolastico in blocco neanche fossi Clementine Kruczynski di “Se mi lasci ti cancello”. Elementari e medie non pervenute, mi sono ritrovata al liceo scientifico un po’ per inerzia e questo non mi ha certo aiutata a sviluppare un sentimento positivo verso la scuola, data la mia propensione alla scienza pressoché inesistente. Il ricordo più bello risale così al 45 a.c., ovvero all’asilo.
La mia insegnante di allora, la maestra Anna, era straordinaria. Nel senso più letterale del termine: ho sempre pensato che fosse al di là dell’ordinario, sia per l’affetto che ci legava sia per la sua naturale capacità di rendere tutto magico.
Riusciva sempre a rapirci con escamotage di tutto rispetto, nonostante i miseri fondi. Un giorno, una mattina di novembre, ci fece infagottare – neanche avessimo in programma una gita con Messner – e, appena entrati in salone, la sorpresa: nevicava. Nevicava in salone.
Quelle quattro mura che il giorno prima ci avevano visti sforbiciare un quantitativo di carta crespa che avrebbe fatto invidia ad Art Attack, ora erano sommerse di neve.
Eh sì, era volgare polistirolo. Ma per noi – bambini pugliesi col sole anche a dicembre – era la neve più bella del mondo.
Lavorare con passione rendendo ciò che faccio sempre un po’ speciale è la lezione che ho imparato quel giorno.
Jlenia, Digital Graphic Designer
Un elefante si mangia poco per volta
Durante il terzo anno di liceo avevo difficoltà con il Latino: mi sembrava un mostro enorme, un mix di parole e verbi senza senso. Poi un giorno ricevetti questo consiglio: “Un elefante non puoi mangiarlo in un giorno solo, devi metterlo in frigo e mangiarlo piano piano”. Per il latino si è rilevato utile e partendo dalle basi ho iniziato a cavarmela tra verbi e coniugazioni. Ma lo trovo un consiglio utile anche ora: perché qualsiasi problema, senza panico, tanta pazienza e un po’ di organizzazione, può essere risolto.
Fabio, Marketer
La lezione più bella
Mi ricordo quella volta in cui, ancora in stage, dovevamo consegnare con tempi strettissimi il progetto per un concorso: eravamo io, Evelina e due colleghi.
In quei giorni c’era il Salone del Mobile e il nostro capo (Antonino) lasciò l’ufficio per seguire un evento. Qualche ora più tardi, ormai a sera inoltrata, rientrò e – vedendoci ancora lì – rimase senza parole.
Oggi, anche se sono passati tanti anni e mi trovo dall’altra parte, mi rende sempre felice quando chi hai di fronte fa qualcosa (in più) che proprio non ti aspetti. Capisci di essere riuscito a trasmettergli il tuo amore per il lavoro, dalla capacità di essere umili al talento di trovare la soluzione ancora prima che ti venga chiesta. Succede spesso con i miei Moskito ed è questa la lezione più bella.
Giulia Salvioni, CEO & Owner
Quindi a tutti i nostri maestri passati, presenti e futuri: felice #WorldTeachersDay! E grazie per quello che ci avete insegnato: non lo dimenticheremo mai.
In Moskito Design non finiamo mai di imparare.