Come ho imparato ad amare la stampa, quando dare spazio e come fare a dire no
Mentre ero ancora all’università ho avuto il mio primo lavoro come graphic designer. O meglio, me lo sono creato. Io e un mio amico abbiamo deciso di coltivare un pezzo di terra e di venderne i prodotti: c’era un piccolo vigneto, producevamo frutti di stagione, miele, candele e di tanto in tanto anche prodotti da forno. Svolgevo la parte fisica del lavoro – prendersi cura delle viti e degli alberi – ma la parte che amavo davvero erano il branding e la vendita.
Avevo creato un logo e una brand identity per la nostra piccola attività e quando vendevamo i prodotti nei mercati locali, io decoravo il nostro stand e mi occupavo di grafica, packaging, branding, marketing, incontro diretto con i clienti: tutto il pacchetto. In un certo senso, quel progetto personale (coltivare frutta e vendere i prodotti) ha dato il via alla mia carriera e alla mia crescita personale come designer.
Per amore della stampa
Quando sono entrata per la prima volta in Moskito Design lavoravo a diversi progetti – eravamo ancora in pochi allora e quando sei così piccolo non puoi permetterti di specializzarti su un solo settore.
Crescendo, però, ci siamo tutti gradualmente specializzati, e io mi sono avvicinata ai progetti destinati alla stampa – dal packaging, alle brochure e i flyer, fino a progetti più grandi come i cataloghi di brand e prodotti. Penso che la mia mente si sentisse più portata per questo, perché c’è bisogno di organizzare i contenuti in uno spazio fisico.
Alcuni dicono che la stampa è morta, o che sta morendo. Certo, negli ultimi anni il settore sta soffrendo e i budget sono sempre più bassi, ma questo non ci ha mai toccati direttamente. Facciamo più stampa in alcuni ambiti, meno in altri: il numero di copertine che abbiamo creato per l’editoria è più che raddoppiato nell’ultimo anno.
Le copertine dei libri sono qualcosa di speciale – e anche una bella sfida – perché nello spazio minimo tra il titolo e l’autore devi comunicare un’idea grande e complessa: il significato dell’intero libro. Ma la cosa bella è che solitamente sei libero di poter esprimere la tua creatività.
Gestire i progetti e le relazioni col cliente
Di solito sono io il primo punto di contatto col cliente e da lì inizio a coordinare e organizzare il lavoro del team. Sono due ruoli ben distinti (il lavoro diretto col cliente e la gestione del progetto) e in generale le persone coinvolte sono diverse perché questi ruoli richiedono caratteristiche professionali differenti.
Per essere un buon project manager devi essere in grado di gestire un progetto dall’inizio alla fine, non solo consegnare gli asset finali ma anche gestire tutte le persone che collaborano al progetto. Inoltre devi riuscire a pianificare le risorse e il budget a disposizione.
Essere il punto di riferimento per il cliente è una cosa molto diversa: in molte agenzie l’account è una figura a sé, con le proprie regole e il proprio background, con un suo modo di vedere le cose.
Ma una delle lamentele più diffuse che sentiamo dai clienti è che gli account manager aggiungono uno step di troppo tra i grafici e i project manager nello svolgimento del lavoro… Qualcosa si perde, ci sono fraintendimenti, si creano ritardi.
Non dico che sia il caso di tutti gli account – forse si tratta solo dell’esperienza dei nostri clienti.
Posso dire che al momento lavoro con i clienti come fossi un account, in un certo senso, ma la mia esperienza, il mio background e il mio ruolo di graphic designer mi permettono di spiegare il lavoro e di proporre le soluzioni migliori fin dall’inizio.
Una volta iniziato il progetto, la comunicazione avviene direttamente con il grafico che lo prende in carico: ogni passaggio mi viene riferito, ma la mia figura viene rimossa in modo da rendere il tutto più fluido e veloce, senza parole inutili, secondo le specifiche del cliente.
Non so se questo sia il metodo perfetto, ma è il sistema che abbiamo adottato e che funziona meglio per noi.
Un cliente sempre felice
Il segreto per avere dei clienti fedeli? Imparare a conoscerli. Aiutarli a realizzare la visione che hanno in mente. Dare loro più di quello che si aspettavano o pensavano. Meritare la loro fiducia.
E soprattutto, mostrare loro rispetto qualunque siano le loro dimensioni come azienda.
Nel corso del nostro progetto di brand identity per Vitamina C, uno spazio di co-working qui a Varese, ci hanno spiegato che erano piacevolmente sorpresi dall’entusiasmo che abbiamo dimostrato per il loro lavoro e per l’attenzione che abbiamo riservato loro anche se erano un cliente “piccolo”.
I piccoli clienti non meritano meno rispetto o meno talento di quello che puoi offrire.
I professionisti sanno come dire no
Certo, non è sempre facile lavorare con i clienti: si tratta di persone e le persone non sono semplici. Ci teniamo a essere professionali, ma a volte la cosa più professionale che puoi fare è dire no.
Devi mettere in chiaro quanto tempo richiede svolgere un lavoro. Devi spiegare le cose con calma e semplicità. Non è colpa del cliente se non capisce quanto tempo ci vuole, non è il suo lavoro. E il cliente con il quale lavori spesso è altrettanto sotto pressione.
Ci sono scadenze relative alla tecnologia che spesso non sono negoziabili – quelle legate ai software. Non posso accelerare le cose. Ma spiegare tutto con chiarezza aiuta sempre. Devi fare presente quando le richieste vanno oltre i termini del contratto.
Ovviamente devi anche mostrarti flessibile. Non tutti i lavori sono uguali, né i processi, le revisioni e le rielaborazioni, non tutti i clienti offrono le stesse garanzie di lavoro, quindi anche i preventivi cambiano. È una di quelle cose che devi imparare strada facendo.
L’arte del training sul campo
Uno degli aspetti più importanti del mio lavoro è quello di insegnare e allenare i nuovi designer. Alcuni arrivano direttamente dall’università e spetta a noi formarli. Insegnare non è sempre facile.
Per essere un bravo insegnante devi essere il più chiaro possibile – è facile dimenticare quanto ci hai messo a imparare le cose e dare tutto per scontato. Invece devi spiegare ogni step dall’inizio e parlare nel modo più semplice possibile.
E poi devi mollare la presa. I giovani grafici hanno bisogno anche di libertà per provare nuove strade, sperimentare, è tutto nella norma. Devi essere per loro una guida, spiegare le cose e dare loro quello di cui hanno bisogno per avere successo, ma poi lasciare loro anche lo spazio per farlo. Altrimenti non cresceranno mai.
A volte, quando cerchi di aiutarli, può capitare di sentire l’impulso di proteggerli, di dire “Lo faccio io” quando c’è poco tempo. Ma questo è soffocante, oltre che dannoso: in questo modo non impareranno mai e tu ti sarai caricata di ulteriore lavoro. A volte devi lasciarli liberi di sbagliare.
Ci sono anche dei limiti, ovviamente. Dipende tutto da quanto tempo e flessibilità hai. Lasciamo che i giovani designer lavorino con i nostri clienti più fedeli e magari più piccoli: con loro c’è un minimo di spazio di manovra e più tempo per intervenire in caso di problemi.
Ecco come sviluppiamo l’autonomia qui… Perché non stanno semplicemente eseguendo un progetto, stanno lavorando direttamente con il cliente, facendo proposte e, come ho detto prima, aiutando il cliente a realizzare la propria visione.
In conclusione
Ho visto crescere questa agenzia dall’inizio, ora è davvero parte di me. Stiamo inserendo sempre nuove leve, ma non devo imparare la storia visto che ne faccio parte, ho contribuito a crearla.
Siamo tutti qui con un obiettivo, che si tratti di persone come me, che sono passate da stagisti a designer, fino a project manager e ora ad agency director, o che si tratti dell’agenzia stessa in termini di numeri, capacità ed esperienza.
Proprio come quei vigneti a cui lavoravo anni fa da studente, siamo tutti qui per crescere.
E diventiamo più forti, più grandi, man mano che cresciamo.
In Moskito Design cresciamo – non solo come dimensioni – con l’età.